21 Maggio 2017
Un braccio di mare può essere remota periferia, meraviglia naturale, teatro di guerra, palcoscenico della storia, e non è raro che sia tutto questo è altro contemporaneamente. Chiamiamo Stretto ciò che, fisicamente prima ancora che culturalmente, è il luogo nel quale le estreme propaggini di mondi si estendono fin quasi a toccarsi. Di tutto ciò il Canale di Sicilia è l’immagine concreta, eterno centro del mediterraneo e passaggio obbligato dei flussi migratori di questo secolo, realmente “luogo”, territorio vivente non solo una tragica azzurra terra di nessuno. Mesi di navigazione sui Mezzi della Marina Militare in piena condivisione della quotidianità di tutti gli operatori, pattugliando un confine assediato dalla storia; tempo per uno sguardo ulteriore, che non insegue percorsi ma, fisso entro i confini di questo scenario, osserva ciò che in sorte lo attraversa, per una stagione o soltanto una notte. Il ritmo ordinato della vita a bordo, l’irrompere improvviso dell’emergenza, le interminabili ore di frenesia, i soccorsi, il passaggio del testimone a terra e il ritorno alla calma irreale del mare aperto, in attesa della prossima burrasca umana.
Emanuela Braghin è una fotoreporter attenta alla condizione dell’uomo nei momenti di trasformazione e cambiamento. La passione per l’antropologia e per la natura sono il filo conduttore di tutti i suoi lavori. Nel 2011 realizza il primo progetto con lo Stato Maggiore della Difesa raccontando l’attività CIMIC in Kosovo delle Forze Armate italiane.